Bambù is arrived ...
E’ stata presentata a Roma l’11 dicembre 2012 nello spazio esterno del Museo Macro nel quartiere Testaccio, una scultura in bambù che possiede caratteristiche di elemento ecocompatibile, degradabile in cui tutto, dalla base alla cima, è interconnesso, collegato. Gli artisti statunitensi Mike e Doug Starn, hanno realizzato quest’architettura per la sesta edizione di Enel Contemporanea rifacendosi concettualmentead un’altra creazione, esposta nel 2010 a New York nell’area del Metropolitan Museum, chiamata “You can’t, you don’t and you won’t stop".
L’opera d’arte di Roma l’hanno chiamata semplicemente “Big Bambù”; è stata donata da Enel ai romani per celebrare il traguardo dei suoi cinquanta anni al Macro di Testaccio e dovrebbe restare fruibile per un anno.
Anche se di enormi dimensioni, questa scultura non è autocelebrativa, bensì è un’opera che va compresa in relazione all’uomo che la attraversa.
Da lontano appare come un nido gigante e sembra un elemento naturale vivo e in crescita verticale; è particolarmente affascinante osservarla di sera svettare tra i padiglioni dell’ex mattatoio di Testaccio quando è illuminata.
Il “Big Bambù” è nello stesso tempo scultura, architettura, monumento, sperimentazione e attrazione pubblica. La realizzazione dei gemelli Starn è molto più di un’opera d’arte, è soprattutto uno spazio da vivere perchè ha la capacità di attirare e inglobare lo spettatore come parte integrante del processo di appropriazione dello spazio.
L’installazione artistica è definibile anche come un oggetto sensoriale ed emozionale: tatto, olfatto, udito e vista sono coinvolti contemporaneamente.
Dall’interno l’occhio spazia a trecentosessanta gradi, mentre la visione è filtrata dai bambù di diverse dimensioni. Questa foresta naturale e artificiale allo stesso tempo è infatti costruita con bambù dal fusto di diametri differenti tenuti insieme da fili di nylon.
I due artisti hanno dichiarato di aver scelto deliberatamente il nylon coloratocome connessione tra le canne di bambù, preferendolo ad un materiale più trasparente perché era importante per loro sottolineare il tessuto connettivo.In soli due mesi l’opera è stata assemblata sotto la direzione dei due artisti da un team di scalatori professionisti senza servirsi di ponteggi, in un lavoro più di coordinamento che di progettazione. La struttura finale partendo da terra raggiunge i trenta metri di altezza ed l’accesso è consentito a gruppi formati da 80 fino a un massimo di 120 persone alla volta.
Le 8000 canne di bambù necessarie a completare questo nido artificiale sono stati spediti da Bali e conferiscono un’atmosfera stranamente esotica allo spazio esterno del Macro.
Alla base di questa torre vegetale dall’aspetto casuale vi è la volontà di raccontare umilmente attraverso l’architettura il significato della realtà che ci circonda: l’interdipendenza tra gli elementi e la non programmabilità della vita stessa. Dal punto di vista architettonico esprime il concetto opposto del valore della firmitas vitruviana,mettendo in crisi la percezione psicologica della stabilità costruttiva delle costruzioni in elevazione con un’immagine architettonica caratterizzata da un’estrema leggerezza, un intreccio tutto sospeso nell’aria ma saldamente ancorato agli edifici vicini da alcuni cavi che mantengono l’opera stabile.
L’opera d’arte di Roma l’hanno chiamata semplicemente “Big Bambù”; è stata donata da Enel ai romani per celebrare il traguardo dei suoi cinquanta anni al Macro di Testaccio e dovrebbe restare fruibile per un anno.
Anche se di enormi dimensioni, questa scultura non è autocelebrativa, bensì è un’opera che va compresa in relazione all’uomo che la attraversa.
Da lontano appare come un nido gigante e sembra un elemento naturale vivo e in crescita verticale; è particolarmente affascinante osservarla di sera svettare tra i padiglioni dell’ex mattatoio di Testaccio quando è illuminata.
Il “Big Bambù” è nello stesso tempo scultura, architettura, monumento, sperimentazione e attrazione pubblica. La realizzazione dei gemelli Starn è molto più di un’opera d’arte, è soprattutto uno spazio da vivere perchè ha la capacità di attirare e inglobare lo spettatore come parte integrante del processo di appropriazione dello spazio.
L’installazione artistica è definibile anche come un oggetto sensoriale ed emozionale: tatto, olfatto, udito e vista sono coinvolti contemporaneamente.
Dall’interno l’occhio spazia a trecentosessanta gradi, mentre la visione è filtrata dai bambù di diverse dimensioni. Questa foresta naturale e artificiale allo stesso tempo è infatti costruita con bambù dal fusto di diametri differenti tenuti insieme da fili di nylon.
I due artisti hanno dichiarato di aver scelto deliberatamente il nylon coloratocome connessione tra le canne di bambù, preferendolo ad un materiale più trasparente perché era importante per loro sottolineare il tessuto connettivo.In soli due mesi l’opera è stata assemblata sotto la direzione dei due artisti da un team di scalatori professionisti senza servirsi di ponteggi, in un lavoro più di coordinamento che di progettazione. La struttura finale partendo da terra raggiunge i trenta metri di altezza ed l’accesso è consentito a gruppi formati da 80 fino a un massimo di 120 persone alla volta.
Le 8000 canne di bambù necessarie a completare questo nido artificiale sono stati spediti da Bali e conferiscono un’atmosfera stranamente esotica allo spazio esterno del Macro.
Alla base di questa torre vegetale dall’aspetto casuale vi è la volontà di raccontare umilmente attraverso l’architettura il significato della realtà che ci circonda: l’interdipendenza tra gli elementi e la non programmabilità della vita stessa. Dal punto di vista architettonico esprime il concetto opposto del valore della firmitas vitruviana,mettendo in crisi la percezione psicologica della stabilità costruttiva delle costruzioni in elevazione con un’immagine architettonica caratterizzata da un’estrema leggerezza, un intreccio tutto sospeso nell’aria ma saldamente ancorato agli edifici vicini da alcuni cavi che mantengono l’opera stabile.